Pseudonimo di
Pier Francesco Mazzucchello. Pittore italiano. Fu una delle
figure più rappresentative del Seicento lombardo. Formatosi a Roma, ebbe
contatti con le scuole toscane (con il senese Ventura Salimbeni), con il
Caravaggio e in genere con la scuola dei manieristi romani e veneti da cui
derivò la complessità delle composizioni e i tagli di luce
obliqui. Al suo periodo romano risalgono la
Visitazione e l'
Adorazione
dei magi, entrambe affrescate nella chiesa di San Silvestro in Capite.
Rientrato in Lombardia nel 1598, ricercò con le sue opere un colore
ricco, utilizzando anche l'alternanza di luci e ombre per la resa drammatica
delle scene. Fra i suoi lavori migliori ricordiamo: gli affreschi della
Salita al Calvario, dell'
Ecce homo e della
Condanna, nella
cappella del Sacro Monte di Varallo (1605; 1617), l'affresco della cappella
della
Flagellazione del Sacro Monte di Varese (1612), gli affreschi della
cappella di San Giorgio nel Santuario di Rho (1617). I lavori alla cupola del
duomo di Piacenza provarono le sue capacità decorative secondo la scuola
di Gaudenzio Ferrari. Successivamente, in collaborazione con Procaccini e con
Cerano, eseguì una serie di tele raffiguranti la vita di San Carlo
Borromeo per il duomo di Milano. Risalgono approssimativamente al 1616 gli
affreschi realizzati per il Sacro Monte di Orta e dedicati alle
Storie di San
Francesco, considerati dalla critica la sua opera migliore. Del 1620
è la decorazione della cappella della
Pia Mortis Sodalitas nella
chiesa di San Gaudenzio a Novara. In questi anni
M. subì
l'influenza derivata dalla sua partecipazione ai programmi dell'Accademia
ambrosiana, da cui scaturì tutta una serie di opere di stile più
aulico rispetto alle precedenti. Tra il 1620 e il 1625 collaborò ancora
con Procaccini e Cerano nella tela raffigurante il
Martirio delle sante
Rufina e Seconda, oggi conservata a Milano presso la Pinacoteca di Brera.
Attorno al 1625
M. venne presumibilmente a contatto con la pittura veneta
dell'ultimo Cinquecento, in particolar modo con le opere di Tintoretto e di
Veronese, come testimonia la nuova tecnica prospettica e luministica impiegata
dall'artista in un gruppo di opere lombarde: la
Lotta di Giacobbe con
l'angelo (Milano, Arcivescovado), le
Storie della Vergine (Como,
Sant'Agostino); la
Caduta degli angeli ribelli (Como, Museo civico). La
sua pittura rimase però sempre entro la tradizione lombarda: l'esito
più patetico che drammatico, più macabro che tragico, è
infatti caratteristica del manierismo lombardo, come pure lombarda è
l'esaltazione del colore. In particolare nelle pitture da cavalletto,
M.
contrappose le cupe penombre a colpi di luce saettanti, precorrendo in tal modo
la "pittura di tocco" tipica di Alessandro Magnasco (Morazzone, Varese 1573 -
Piacenza 1626).